Uno dei poteri in mano al creditore che deve ricevere una somma di denaro dal debitore o deve rivalersi nei confronti di un suo bene è l’atto di precetto. Esso consiste in un’intimazione al pagamento da parte del debitore che viene obbligatoriamente posta in essere prima di qualunque tipologia di esecuzione forzata, come ad esempio il pignoramento.
Colui che è in credito ricorre a tale atto in virtù di un titolo esecutivo, come può essere un decreto ingiuntivo, una cambiale, una scadenza oppure un assegno. Tramite l’atto di precetto si comunica al debitore che nel caso in cui continui a non assolvere ai propri obblighi, si procederà all’esecuzione forzata senza ulteriori comunicazioni.
La forma dell’atto di precetto
L’art. 480 del Codice Civile descrive il contenuto dell’atto di precetto fissando quali sono le voci fondamentali affinché esso possa essere ritenuto valido.
L’obbligo a cui il debitore è chiamato a rispondere deve mantenere un alto livello di chiarezza utile a far sì che il soggetto possa adempiere ai suoi compiti senza avere dubbi. Solitamente, si riscontrano le seguenti tipologie di obblighi:
- obblighi di fare, come il caso in cui si debba smantellare un edificio abusivo.
- obblighi di rilascio di un bene, ad esempio l’ipotesi in cui il debitore abbia il dovere di lasciare un’abitazione nel quale è locatario.
- obblighi di consegna di un bene.
- obblighi di liquidazione di una certa somma di denaro.
Un’ulteriore informazione da includere all’interno dell’atto è la somma da corrispondere, comprensiva degli interessi, delle spese successive, degli importi già eventualmente versati (che dovranno essere sottratti alla somma dovuta) e della rivalutazione economica. Nell’eventualità in cui il creditore specifichi un totale superiore a quello dovuto, il precetto non è da considerarsi nullo, ma è prevista la facoltà in capo al debitore di opporsi all’esecuzione e far determinare la giusta somma.
La totale assenza dell’importo da pagare causa un errore di forma al quale il debitore potrà appellarsi, opponendosi al titolo esecutivo.
Non è obbligatorio che l’avvertimento dell’imminente esecuzione forzata, laddove il debitore non adempia ai propri doveri, riporti il tipo di esecuzione di cui il creditore intende avvalersi. Se tale avviso dovesse mancare, ciò non pregiudica la validità dell’atto in quanto i suoi effetti sono comunque garantiti dalla legge.
Le voci essenziali
La prima indicazione necessaria per rendere legittimo l’atto è quella delle parti, ossia creditore e debitore. Errori nell’individuazione del debitore non comportano una mancanza di validità dell’atto, dal momento che in questi casi vale il principio per cui l’atto è da ritenersi valido se raggiunge lo scopo per il quale è stato creato. Dunque, un’opposizione del debitore comporta automaticamente una regolarità dell’atto poiché, evidentemente, quest’ultimo è stato in grado di realizzare l’intento per il quale è stato istituito, ovvero intimare il debitore.
Dopo aver stabilito le parti in causa, si rende necessario aggiungere il riferimento al titolo esecutivo e alla data di notifica di esso, fatta eccezione per l’ipotesi in cui la notifica sia avvenuta insieme a quella del titolo. Essendo la data un requisito formale essenziale per la validità dell’atto, a differenza dell’indicazione delle parti, l’opposizione del debitore per la mancata citazione della data è a tutti gli effetti legittima.
Nell’evenienza in cui non sia riportato, nell’atto di precetto, il provvedimento che ha dato luogo al titolo, l’istituto è da considerarsi nullo.
In alcune occasioni, come quando il titolo esecutivo è composto da una scrittura privata autenticata, la legge stabilisce che sia un compito del creditore quello di trascriverlo integralmente dentro l’atto di precetto, pena la nullità di esso. Spetta all’ufficiale giudiziario valutare e attestare la corrispondenza della trascrizione con l’originale.
Sulla scorta di quanto riportato dal D.L. 83/2015 l’atto di precetto deve avvisare il debitore che ha la facoltà di rimediare al sovraindebitamento ricorrendo all’aiuto fornito da un organismo di composizione della crisi o da una figura designata dall’autorità giudiziaria. In questo modo si cerca di stipulare con i creditori, ad esempio, un accordo di composizione della crisi.
Va dichiarata nell’atto di precetto, ma non pregiudica la validità del documento, la residenza o l’elezione del domicilio del creditore nel comune in cui si trova il giudice competente per l’esecuzione forzata. Nell’identificazione del giudice competente occorre prendere in considerazione quale tipologia di espropriazione forzata si sta impiegando. Se a essere colpiti sono i beni mobili o immobili della parte debitrice, il giudice competente sarà quello del territorio in cui si trovano i beni. Quando l’oggetto del titolo esecutivo sono gli obblighi di fare o non fare, la competenza ricade sul giudice del luogo in cui gli obblighi devono essere adempiuti. L’ultima ipotesi concerne l’espropriazione di crediti, dove il giudice competente sarà quello del luogo in cui il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora oppure la sede.
Come affermato in precedenza, la mancanza di tale informazione non determina l’invalidità dell’atto. Tuttavia, questo comporta un trasferimento delle opposizioni al precetto presso il giudice competente del luogo in cui l’atto viene notificato. Per questo motivo il creditore che non ha specificato la residenza o il domicilio sarà notificato nella cancelleria del luogo in cui il precetto è stato notificato.
L’ultimo presupposto in grado di attribuire all’atto di precetto un carattere di validità è la firma del creditore, da apporre nel documento originale e nelle copie che andranno notificate.
La notifica dell’atto di precetto
Laddove l’atto di precetto e il titolo esecutivo siano stati notificati insieme, si deve provvedere alla stesura dell’atto di precetto in un secondo momento rispetto al titolo esecutivo.
Non di rado vengono espressi dubbi sulla reale utilità dell’atto di precetto, dato che già il titolo esecutivo è capace di avvisare il debitore che verrà promossa contro di lui un’espropriazione forzata finalizzata a far valere il diritto del creditore di recuperare ciò che gli spetta. Sebbene questo sia vero, il titolo esecutivo è un atto che accerta solo in maniera implicita l’intenzione di agire contro il debitore.
Al contrario, l’atto di precetto esprime esplicitamente e solennemente la piena volontà del creditore di procedere. Infatti, grazie alla sua natura recettizia, tale atto non produce effetti fintanto che il destinatario, ovvero il debitore, non ne venga a conoscenza tramite l’apposito notifica, effettuata dall’ufficiale giudiziario.
Qual è la scadenza per adempiere all’intimazione?
All’interno dell’atto deve essere presente l’indicazione temporale dei giorni che il debitore ha a disposizione per adempiere agli obblighi derivanti dal titolo esecutivo, in modo da evitare l’esecuzione forzata. Il termine non può essere inferiore a 10 giorni. Il conto dei giorni comincia dal momento in cui il debitore è stato notificato.
Ai fini della validità e dell’efficacia dell’atto di precetto, il riferimento scritto al periodo di tempo che deve trascorrere prima che l’espropriazione forzata possa essere eseguita non è un requisito essenziale. D’altro canto, però, solo dopo che la scadenza sia stata superata il creditore potrà agire nei confronti del debitore.
Un’opportunità offerta alla parte istante è quella di richiedere al presidente del tribunale competente il permesso di porre in essere l’esecuzione forzata immediatamente, senza aspettare il suddetto termine. La richiesta è legittima solo nel caso in cui sussistano delle prove a favore di un possibile ritardo nell’adempimento del debitore. L’autorizzazione, a cui può abbinarsi una cauzione oppure no, viene conferita attraverso un decreto a piè di pagina del precetto. La legge richiede che la citata autorizzazione sia trascritta dall’ufficiale giudiziario nella copia da inviare al debitore come notifica.